Bologna - Margherita Pancaldi - Immigrazione, traduzione non professionale e child language brokering. Caso di studio: le storie di cinque giovani mediatori ad hoc in Emilia Romagna.

L'obiettivo della mia tesi di laurea magistrale all'Università di Bologna (Facoltà di Language, Society and Communication) era quello di presentare il fenomeno dei bambini mediatori (noto come "child language brokering"), ossia quando i figli di persone straniere agiscono da mediatori linguistici per i loro genitori. Ho analizzato le caratteristiche di questo fenomeno e le sue implicazioni attraverso esempi reali raccontati da giovani mediatori ad hoc di origine straniera e residenti in Emilia Romagna, Italia. In questo articolo, scritto appositamente per il sito “The Language Sector”, il lavoro sarà presentato in modo sintetico e più generale, ma è disponibile in versione integrale (compresa la sua bibliografia) per chiunque lo richieda, contattando l'indirizzo email che troverete alla fine della pagina.

 

Obiettivo e risultato

Per cominciare, ho selezionato cinque giovani di origine straniera che hanno accettato di aiutarmi e rispondere ad una intervista, per mettere in relazione gli studi teorici sui bambini mediatori con gli esempi pratici e reali raccontati dai cinque giovani. Inoltre, per poter effettuare un'analisi accurata e non cadere nella trappola delle fake news, è stato necessario prima di tutto concentrarsi sul fenomeno dell'immigrazione in Italia e in Emilia Romagna. Infatti, al fine delle interviste, era fondamentale che gli intervistati vivessero in questa regione. Effettivamente, in questo modo è stato possibile osservare i dati reali e farsi un'idea chiara di ciò che sta accadendo in Italia.

Nello specifico, le persone intervistate sono: un giovane romeno, un giovane di origine ghanese, un ragazzo i cui genitori sono spagnoli, un ragazzo del Kosovo e una ragazza di origine marocchina nata e cresciuta in Italia. A questo proposito, le interviste hanno innanzitutto analizzato l'esperienza migratoria dei giovani, poi la loro vita in Emilia Romagna e infine le loro esperienze con la mediazione linguistica. L'analisi si è concentrata sui contesti in cui i giovani mediano più frequentemente e sulle emozioni positive e negative che potrebbero provare. Infine, l'esperienza della mediazione ad hoc è stata affrontata da un punto di vista prettamente linguistico, analizzando le strategie utilizzate. Ad esempio, particolarmente interessanti sono i dati che riguardano l'autocensura che praticano i bambini in situazioni delicate, per risparmiare ai propri genitori sofferenze e momenti imbarazzanti causati da commenti razzisti o da un linguaggio offensivo. Le risposte ricevute si sono rivelate coerenti con la teoria del fenomeno, che è sempre stata usata come punto di riferimento per comprenderlo nella sua interezza, dal punto di vista teorico e pratico.

In sostanza, attraverso questo studio è stato possibile vedere come, nella realtà odierna, i bambini mediatori siano ampiamente utilizzati in diverse aree dalle quali i bambini normalmente si dovrebbero tenere lontani. Inoltre, questo lavoro è stato utile per accrescere la consapevolezza riguardo il fenomeno del child language brokering e conoscere i suoi aspetti positivi e negativi, per poter avanzare verso una direzione che consenta di risolverlo.


Metodologia del lavoro

Per discutere più in dettaglio la metodologia di questo lavoro, mi sono concentrata prima sul fenomeno dell'immigrazione in Italia e in Emilia Romagna. Infatti, è dimostrato che negli ultimi quarant'anni l'Italia è diventata, dopo la Spagna, la seconda meta degli immigrati in Europa, dopo un secolo di emigrazione di massa.

Per descrivere brevemente i motivi che spingono gli stranieri a venire in Italia, si può osservare che le persone con permessi di lavoro continuano a diminuire, sebbene sia ancora il secondo motivo più importante dopo i motivi familiari. Inoltre, i permessi di protezione umanitaria sono aumentati notevolmente.

Oltre a ciò, i gruppi più importanti di immigrati provengono dagli stessi Paesi di provenienza, sia a livello nazionale che regionale in Emilia Romagna, ovvero Romania, Marocco, Albania, Ucraina, Cina e Moldova, in quest'ordine.

Al giorno d'oggi, bisogna conoscere non solo la storia recente dell'immigrazione per comprendere i processi che hanno portato alla situazione attuale, ma è anche fondamentale sapere quanti stranieri vivono in Italia e nella nostra regione, da dove vengono, perché sono qui, a quali servizi hanno accesso e in quali situazioni vivono. Solo in questo modo sarà possibile garantire che fenomeni come quello dei bambini mediatori non siano invisibili e che si possano trovare soluzioni adeguate per tutte le parti coinvolte.

Mi sono poi soffermata sulla teoria del fenomeno della traduzione e della mediazione non professionale svolta dai bambini, grazie a studi sull'argomento. Ho così analizzato i contesti in cui si verifica più frequentemente, ad esempio nella Pubblica Amministrazione, nelle scuole o negli ospedali ospedali; le tecniche più utilizzate dai bambini, come la traduzione a vista o l'interpretazione simultanea; e le sensazioni che questo genera nei giovani mediatori.

Infine, grazie al caso di studio, si analizzano alcuni frammenti delle interviste fatte ai cinque giovani mediatori ad hoc figli di stranieri e residenti in Emilia Romaña. Per prima cosa, è stata analizzata la loro esperienza migratoria, ad esempio da dove vengono e da quanti anni sono in Italia e in Emilia Romagna: quattro delle cinque persone intervistate sono arrivate in Italia con le loro famiglie per motivi economici e di lavoro; invece una famiglia, quella del ragazzo kosovaro, è scappata dalla guerra. Un'altra domanda riguardava la lingua che parlano con i loro genitori: in questo caso l'esperienza raccontata dal ragazzo del Ghana si rivela particolarmente interessante. Infatti, il giovane ghanese ha detto che in casa sua non si parla una lingua sola, ma addirittura tre:

M: Che lingua parli a casa?
G: italiano, ghanese e inglese. Tutte allo stesso tempo, dico la parola che mi è più spontanea, poi magari cambiamo lingua ... e loro mi seguono, siamo abituati a parlare tre lingue continuamente.

Si può osservare che si tratta di una tecnica utile e molto diffusa: praticamente si crea una lingua franca, una koiné che comprende più linguaggi con caratteristiche differenti ma che, in ogni caso, assicura una perfetta comunicazione e comprensione tra tutti i membri della famiglia che conoscono quelle lingue.

Ho anche chiesto agli intervistati di fare un'autovalutazione delle proprie competenze linguistiche, sia in italiano che nella lingua parlata dai genitori. Alcuni ritengono che il loro livello di italiano sia più alto, mentre altri dicono di conoscere meglio la lingua straniera d'origine.

Successivamente, mi sono concentrata sulla loro esperienza in Emilia Romagna, analizzando alcuni frammenti delle interviste legati alla loro formazione scolastica, al loro lavoro ed eventuali episodi di discriminazione razziale subiti in questa regione.

Affrontando nello specifico il fenomeno del child language brokering, ho chiesto agli intervistati a che età hanno iniziato a mediare per i loro genitori (quasi tutti intorno agli otto anni), quale dei due genitori ha più frequentemente bisogno di aiuto con la lingua italiana (in tre dei cinque casi la madre ha più bisogno: a volte perché il padre parla meglio l'italiano, essendo arrivato in Italia qualche anno prima, come si può vedere nella risposta del ragazzo del Ghana:  "Mio padre è venuto molto prima di noi, è venuto alla fine degli anni Novanta, per cercare lavoro, e io sono arrivato qui nel 2005". Oppure, semplicemente perché la madre si occupa delle questioni burocratiche ed è più a contatto con la lingua italiana).

Nelle interviste è stata data particolare importanza ai contesti in cui i giovani mediano più frequentemente e le risposte registrate risultano coerenti con la teoria del fenomeno presentata in questo articolo: i genitori hanno bisogno di aiuto negli uffici pubblici, in banca, negli uffici postali, dal dottore, a scuola. Ad esempio, è particolarmente comune che il fenomeno avvenga a scuola; tuttavia, è importante ribadire che esiste un'opposizione ben giustificata all'uso dei bambini nel ruolo di mediatori in situazioni delicate o problematiche. La scuola, secondo alcuni studi, è uno dei luoghi più frequenti in cui bambini e ragazzi agiscono da mediatori: i figli degli immigrati, infatti, traducono comunicati e avvisi della scuola ai genitori più di qualsiasi altro documento.

Inoltre, è stato osservato l'aspetto emotivo, con l'analisi delle emozioni positive e negative vissute dai giovani mediatori ad hoc. La componente emotiva, infatti, è particolarmente importante nello sviluppo dei giovani mediatori. Anche in questo caso si osserva un'affinità con la teoria presentata dagli esperti: i giovani hanno riferito di sentirsi orgogliosi e utili, ma mediare può anche provocare ansia, vergogna e spesso i bambini sentono di sprecare tempo facendo qualcosa di noioso:

M: [...] come ti senti quando lo fai? Quali pensi siano gli aspetti negativi? E i lati positivi?
H: Per quanto riguarda gli aspetti negativi... beh, c'è sempre la paura di tradurre male. Interpretare male alcune parole e sbagliare, cioè dare un altro significato alla frase e creare problemi... magari anche gravi. C'è sempre stata un po' la paura di fare una traduzione sbagliata.

In ogni caso, per concludere questo articolo, bisogna sottolineare che questo lavoro non intendeva proporre una soluzione al fenomeno del child language brokering, poiché ci potrebbe già essere una soluzione: tutto è collegato all'interesse che la classe politica ha nei confronti dell'immigrazione e delle esigenze degli stranieri presenti nel nostro territorio. In parole povere, si può dire che tutto è collegato ai fondi, cioè al denaro, che le istituzioni sono disposte a erogare per risolvere la questione. Quindi, si tratta più che altro di dare visibilità a una situazione che anche molti professionisti del settore linguistico ignorano, per poter riconoscere i bisogni degli immigrati e soddisfarli con politiche migratorie e linguistiche adeguate che favoriscano la creazione di una società interculturale.

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Autore: Margherita Pancaldi

Lingua di partenza: español (es)

Traduzione automatica: Google Translate API 2019

Post edizione: Quick Post Editor 10